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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Neknomination

Perché i giovani non hanno più pudore e si sfidano ad un gioco pericoloso come il neknomination mostrandosi sui social?

“Bere alla goccia” grandi quantità di alcol, come ad esempio una bottiglia di vino o un litro di birra, è un gioco che è sempre esistito tra i ragazzi. Quando si è giovani la voglia di sorprendere gli altri, il sentirsi forti e “fighi” davanti ad un gesto estremo e la conquista di popolarità sono i principali motivi per sfidare la propria salute. Se avviene nelle serate in pizzeria, vincere la scommessa significa, molto spesso, non pagare la cena e farsela offrire. Tra un gruppo di amici, significa appunto scherzarci sopra, vantarsi con le ragazze. Forse è un gioco innocente, che magari viene fatto una sola volta: un racconto epico da narrare tra gli amici negli anni successivi, come ad esempio questa raccolta da Insostanza: “….Pensa che il Gigi, una volta ha bevuto una caraffa di vino in un sorso solo, e tutti noi lo sostenevamo con cori e grida. La bevve tutta in meno di un minuto…e poi alzò la caraffa vuota e la sventolava in alto come un trofeo! Noi ragazzi ci alzammo sulle sedie in pieno delirio. Tutte le persone del locale ci guardavano basiti e ci detestavano Grandi risate, applausi e abbracci…per noi il ristorante era ebbro di gioia!” Si può assistere a bevute estreme di questo tipo anche agli eventi, in cui il senso di appartenenza ad un gruppo aumenta la percezione di poter eccedere di più per definire i ruoli e sentirsi più sicuri. Quante volte tra i tavoli delle contrade, alle cene propiziatorie, si vedono giovani bere tutto in un sorso più bicchieri di vino, birra o altri alcolici ? E’ una sfida, tutti figli di American Graffiti; “La sindrome di James Dean” la sfida in auto per vedere chi arriva a frenare più vicino al dirupo.

Anche il fenomeno del neknomination rientra in questo. Nulla di nuovo. Un gioco nato in Australia, ragazzi che si riprendono con i cellulari o videocamere mentre bevono un grande bicchiere di superalcol alla goccia, e se ce la fanno, nominano un amico. Al momento si sta creando una catena di ragazzi che si mostrano nella perfomance, sui social; basta andare su facebook e nella barra di ricerca inserire l’hastag #neknomination e troverete tutti i video e i relativi commenti. I problema è che le “sfide” possono portare ad un’ escalation di comportamenti sempre più pericolosi. In Italia, ad Agrigento c’è stato un caso di coma etilico, per un ragazzino di 16 anni, i medici del San Giovanni di Dio sono riusciti a farlo uscire dallo stato di coma che ha rischiato di ucciderlo. Il fatto è che i ragazzi si sentono come “obbligati ad accettare la sfida’”, il gioco sta creando una catena, che può diventare interminabile e pericolosa.

Una recente indagine di tipo longitudinale che ha coinvolto 1068 ragazzi reclutati presso 23 scuole di 7 diverse regioni olandesi ha rilevato due aspetti della personalità fortemente correlati all’uso abituale di sostanze e a comportamenti a rischio, ovvero:

  • la ricerca di sensazioni nuove, nota con il termine inglese “sensation seeking”
  •  l’impulsività

Il primo fattore è alla base dell’inizializzazione all’uso di sostanze o con il desiderio di misurarsi in comportamenti estremi; il secondo è un profilo caratteriale che spinge a rischi elevati perche il comportamento non è mitigato dalla prudenza o dal “buon senso”.

Sicuramente il bisogno di rischiare, nei giovani, è nella loro natura di sperimentatori del mondo. Ma certi rinforzi positivi, quali: popolarità, suscitare interesse, sorprendere, emergere dalla massa, se connessi ad una personalità come sopra descritta può imbrogliare il cervello che riconosce i segnali del piacere solo attraverso atteggiamenti rischiosi per la propria salute, e magari obbligati a ripeterli per stare bene; obbligati pertanto ad accettare la sfida. Un aspetto importante di questo fenomeno è che si è di fronte ad un gioco di dimostrazione globale, in cui si mette in primo piano la propria immagine, la propria vanità, di fronte a tutti e a qualsiasi costo: rischiare la morte piuttosto che non mostrarsi. Questo fenomeno aggiunge un altro elemento in più; quello del “doverci essere”: Ventiquattro ore di tempo per rischiare il coma etilico. Tra i giovani, vivere attraverso i social ormai è quasi d’obbligo. La percezione, per lo più distorta, è che, se non partecipi non ci sei, non esisti per la comunità. E soprattutto se non condividi con gli “altri”, chiunque essi siano, non hai la stessa gratificazione ottenuto dal gesto. Se non si rende virale il gesto, il gesto perde il suo significato. Non è questione di mancanza di pudore è questione, forse, che ora la vita si inizia anche così….troppo dannatamente.

 Per il momento in Italia, i ragazzi non lo stanno facendo con i super alcolici che sono la principale causa di morte;  il gioco si sta “limitando” nel  bere una bottiglia di birra, alcuni lo chiamo infatti il “gioco della birra“. Da evitare comunque, se possibile.   Dr. Aimone Pignattelli  

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