Genetica e alcol

dott. Giuseppe Montefrancesco

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Dott. Giuseppe Montefrancesco

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Dipendenza da alcol aspetti genetici

La dipendenza da alcol è una condizione etiologicamente eterogenea che affligge il 4% della popolazione statunitense. Tuttavia, studi recenti hanno rivelato che nell’alcolismo i fattori genetici giocano un ruolo numericamente quantificabile in oltre il 50% (stima di ereditabilità del tratto).
Alla base di questa, alcune variazioni genetiche polimorfiche possono avere responsabilità nella predisposizione all’abuso di un gran numero di sostanze differenti, un meccanismo che accomunerebbe, ad esempio, dipendenze da alcol e oppiacei. L’alcolismo, d’altra parte, è comunemente associato a patologia psichiatrica, come depressione o disordini bipolari, ed abuso di altre sostanze.
Un meccanismo di base sarebbe da ricercare nell’accentuata sensazione di benessere, quando tali sostanze sono assunte, o nella maggiore vulnerabilità psicologica di base con il correlato bisogno di un sostegno esterno; in questo ambito è possibile che alcuni tratti genetici giochino un ruolo come fattori di predisposizione all’abuso di specifiche sostanze.
Questa maggiore vulnerabilità su base genetica può articolarsi attraverso la variabilità di geni che codificano per enzimi del metabolismo delle sostanze in questione (con maggiore o minore persistenza delle sostanze), o che intervengono nelle vie della neurotrasmissione (con effetti maggiori o minori sui bersagli recettoriali).
La maggiore suscettibilità alla dipendenza da alcol, come succede con altre forme di dipendenza, sembra, in ogni caso, attribuibile all’interazione tra fattori ambientali e l’influenza di centinaia di geni, un meccanismo comune alla genetica dei tratti complessi.
Molti studi hanno evidenziato il ruolo di alcuni polimorfismi del recettore GABA A, polimorfismi che, non sorprendentemente, sono risultati associati anche a disturbi della personalità e alla tendenza alla dipendenza da altre sostanze.
Lo stesso tipo di associazione con dipendenza da alcol, sostanze illegali e disordini del comportamento sono state peraltro riscontrate con molti altri polimorfismi genici (per il gene che codifica per il recettore colinergico muscarinico 2, per il gene che codifica per l’alcol deidrogenasi-4, i recettori D4 e D2 della dopamina), confermando che la vulnerabilità genetica alle diverse dipendenze si riassume in meccanismi molecolari comuni.

Esistono, viceversa, polimorfismi che “proteggono” dalla dipendenza, perché portano a sgradevoli effetti collaterali associati all’assunzione di alcol.
Varianti dei geni che presiedono alla metabolizzazione dell’alcol, alcol deidrogenasi (ADH) e aldeide deidrogenasi (ALDH), causano differente metabolizzazione che risultano in individuali diversità nell’eliminazione.
Una mutazione del gene ALDH*2, particolarmente frequente in estremo Oriente, risulta in un prodotto genico incapace di metabolizzare l’acetaldeide con un risultato tossico estremamente sgradevole (nausea, diarrea, disturbi pressori) che segue l’assunzione di alcol. Questo (ma anche polimorfismi dei geni ADH1B*2 e ADH1C*1, con meccanismi simili) rende le popolazioni asiatiche meno suscettibili all’alcolismo ma non alla dipendenza da altre sostanze.
Un ulteriore meccanismo che sembra giocare un ruolo nella dipendenza è l’epigenetica.
Per “epigenetica” intendiamo alterazioni ereditabili (sia meioticamente che mitoticamente) della funzione genica (dell’espressione genica) che possono produrre risultati differenti (fenotipicamente rilevabili) ma non attribuibili a cambiamenti della sequenza del DNA (dei geni stessi).

Evidenze indicano che consumi protratti di alcol possono indurre cambiamenti in tutti i sistemi di neurotrasmissione dovuti a variazione dell’espressione di geni.

L’analisi di migliaia di geni in sistemi murini, in analogia con studi effettuati su cervelli umani (studi sulla corteccia frontale umana post-mortem), ha mostrato che molte vie di trasmissione risultano alterate, tanto da permettere di disegnare un profilo di espressione genica che differenzia il soggetto alcolista (studi di microarray). Queste alterazioni includono ri-modellamenti nella regolazione di canali ionici, dei sistemi di segnale intracellulare, nel traffico di proteine, nei processi di neurogenesi e neurodegenerazione.

I dati in nostro possesso supportano l’idea che all’uso cronico di sostanze (soprattutto alcol e cocaina) seguano variazioni nella plasticità del sistema nervoso, a loro volta associate a persistente e differenziale accumulo di fattori di trascrizione specifici per funzioni cognitive e di percezione di benessere e soddisfazione.
Si tratta di meccanismi di neuroadattamento che seguono e, a loro volta, sostengono la dipendenza e lo sviluppo di tolleranza.
E’ noto che vi sono marcate differenze tra i gruppi di alcolisti.E’ molto importante identificare le caratteristiche di questi pazienti perché ciò può consentire la classificazione degli stessi in sottogruppi omogenei utilizzabili come elementi predittivi dell’eziologia, del decorso e della risposta a differenti modalità di trattamento.
Un sistema di classificazione è basato principalmente sull’età dell’insorgenza della
dipendenza da alcol:
tipo 1 se l’età di insorgenza è dopo i 25 anni
tipo 2 se è prima dei 25 anni.
I problemi alcol correlati e la personalità tendono ad essere diversi tra questi due tipi di pazienti.
In generale il tipo 2 tende ad essere più resistente al trattamento e presenta un maggiore carico genetico. Il fattore ambientale appare essere più importante per il tipo 1 al contrario che per il tipo 2.

Fonti bibliografiche

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Kohnke M.D., Approach to the genetics of alcoholism: A review based on pathophysiology, Biochemical Pharmacology, 2008, 75, 160–177.

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Liu J. et al., Patterns of gene expression in the frontal cortex discriminate alcoholic from non-alcoholic individuals, Neuropsychopharmacology,  2006,  31(7), 1574-82.