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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Guerra alla cannabis light.

La nota antiproibizionista
EDITORIALE | di Roberto Spagnoli

Abstract

“Guerra alla cannabis light”: non c’è altro modo per definire l’offensiva del Governo contro la canapa a bassissimo contenuto di THC e ricca di CBD di cui sono noti gli effetti positivi ansiolitici, rilassanti, antidolorifici e antinfiammatori.
Sanare le lacune della legge 242 del 2016 è necessario, ma senza alcun confronto con gli addetti ai lavori e con le associazioni di categoria e sulla base di presunte “alterazioni dello stato psicofisico” che metterebbero a rischio “la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale” il Governo ha deciso di mettere fuorilegge migliaia di aziende agricole e commerciali e far perdere il posto a migliaia di lavoratori.
Di contro è imbarazzante il perdurante silenzio dell’opposizione che quando è stata al governo non ha avuto il coraggio di avviare politiche innovative.
L’orizzonte resta quindi sempre lo stesso: divieti, repressione, punizione, carcere.
A farne le spese sono i cittadini mentre le mafie ringraziano.

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Editoriale

Guerra alla cannabis light.
Non si può definire in altro modo l’offensiva scatenata dall’attuale governo senza aspettare la decisione del TAR del Lazio (sul ricorso presentato contro il decreto emesso ad agosto dell’anno scorso) attesa per il prossimo 16 settembre. Il Ministero della Salute ha infatti emanato un nuovo provvedimento che inserisce le composizioni per uso orale di cannabidiolo, il CBD, tra le sostanze stupefacenti.
Il decreto ministeriale stabilisce che l’acquisto dei prodotti per uso orale contenenti il CBD è possibile solo in farmacia dietro presentazione di una ricetta medica non ripetibile che richiede determinati adempimenti da parte del farmacista. Ciò significa rendere molto difficoltoso l’accesso a questo tipo di preparazione con un conseguente danno per produttori e commercianti che di contro si traduce in un regalo per l’industria farmaceutica.

Il Governo fa così dell’Italia l’unico paese europeo che ha deciso di considerare come droga un composto che droga non è, ma anzi è conosciuto per i suoi effetti ansiolitici, rilassanti, antidolorifici, antinfiammatori.
Una decisione che tra l’altro va contro la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità il cui comitato di esperti sulle dipendenze, già nel 2017, aveva concluso che il cannabidiolo (CBD) non sembra avere un potenziale di abuso o causare danni e dunque la sua classificazione tra le sostanze stupefacenti non era giustificata.
Dopo di ciò, negli ultimi giorni di luglio, le commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera hanno approvato l’emendamento del governo (al disegno di Legge Sicurezza ) che mette al bando la commercializzazione delle infiorescenze di canapa per usi diversi da quelli indicati dalla legge 242 del 2016 ovvero quella relativa alla coltivazione di canapa con un livello di THC
(delta-9-tetraidrocannabinolo, principale principio attivo responsabile degli effetti psicotropi della cannabis) inferiore allo 0,6 %, considerata la soglia del cosiddetto effetto drogante.

La legge purtroppo non contempla precisamente il commercio delle infiorescenze di canapa ma in un sistema liberale ciò che non è espressamente proibito è lecito purché non metta a rischio la sicurezza e la salute pubblica. È proprio applicando questo principio che è stata, come dire, inventata la messa in vendita della cosiddetta cannabis light quella, cioè, che ha un contenuto di THC inferiore allo 0,6 % ma al contempo è ricca di CBD.
Le infiorescenze e gli estratti di CBD rappresentano quindi buona parte dei prodotti attualmente in vendita. Se sarà approvato dunque l’emendamento del governo colpirà tutta la filiera agroindustriale della canapa mettendo in pratica fuori legge attività che sono invece perfettamente legali. Parliamo di una realtà in espansione che tra coltivazione, trasformazione, commercializzazione e logistica registra numeri importanti in termini di volumi d’affari, di occupazione ed imprenditoria anche giovanile.

Oltre a questo, l’emendamento del governo va contro le decisioni del TAR del Lazio e della Corte di Giustizia Europea che ha stabilito la liceità dell’intera pianta di canapa.
Nel 2019 la Corte di Cassazione aveva affermato che i derivati della canapa privi di effetto drogante possono essere commercializzati.
Nel 2020 la commissione dell’ONU sugli stupefacenti, prendendo in considerazione una serie di raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva approvato la rimozione della cannabis dalla tabella delle sostanze stupefacenti pericolose contenuta nella Convenzione unica del 1961. E lo stesso Ministero degli Interni quand’era guidato da Matteo Salvini emise una circolare secondo la quale sotto lo 0,5 % di THC non c’è nessun effetto drogante.

A questo punto se l’emendamento del governo sarà provato si aprirà la strada a numerosi contenziosi e potrebbe anche esporre l’Italia a procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea.
Ora che il settore della cannabis vada meglio regolato, sanando le lacune della legge del 2016, è quanto mai necessario ma senza alcun confronto con gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria il governo ha deciso, sic et simpliciter, di mettere fuorilegge migliaia di aziende agricole e commerciali e far così perdere il posto di lavoro a migliaia e migliaia di lavoratori stabili e stagionali.
E questo sulla base di presunte alterazioni dello stato psicofisico che metterebbero a rischio nientemeno che la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale.

Va anche detto che se, da una parte, il governo è animato da un tale pregiudizio nei confronti della cannabis da essere disposto, in nome della guerra alla droga, a sacrificare un intero comparto produttivo e commerciale in continua crescita, di contro, è anche imbarazzante il perdurante silenzio dell’opposizione che in tutti questi anni, anche quando è stata al Governo, non ha mai avuto il coraggio di avviare politiche innovative, non ha mai preso iniziative concrete per contrastare provvedimenti infondati dal punto di vista giuridico e scientifico, contraddetti dalle evidenze, inutilmente repressivi e punitivi per i cittadini.

L’assenza di regolamentazione è una minaccia alla salute dei consumatori e favorisce l’espansione del mercato illegale ma non servono proclami e propaganda ma politiche serie per affrontare in maniera efficace una questione complessa che diventa sempre più ingovernabile e che lascia spazio al malaffare e alla criminalità senza alcuna tutela per i cittadini.

L’orizzonte resta sempre lo stesso: divieti, repressione, punizione, carcere.
La realtà è che di tutto questo importa ben poco a parte i diretti interessati e pochi altri.
La lotta alla droga è un argomento sempre pronto all’uso per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi ai quali non si sa o non si vuole opporre una soluzione valida.
L’ideologia per coprire l’assenza di politica.

g.montefrancesco (solo per lievi interventi nella trascrizione automatica)

Fonte
La nota antiproibizionista
EDITORIALE | di Roberto Spagnoli