Gli editoriali

a cura del prof. Montefrancesco

Descrivere una malattia di piacere

Mi interesso della tossicodipendenza e delle sostanze che la determinano da tempo.
Leggo libri e navigo tra la letteratura dell’argomento e devo dire che non ho mai trovato l’esatta esposizione o l’esatto racconto degli effetti delle droghe da parte dell’utilizzatore. La fredda, se pur esatta, descrizione dei segni e sintomi conseguenti all’uso mi ha sempre ricordato lo studio che facevo da studente. Mi preoccupavo di dovermi ricordare a memoria, come in un elenco tutte le caratteristiche che facevano la malattia. Era un elenco spesso lungo ed era comunque possibile disegnarsi il paziente in balia di una qualche malattia; ovviamente era disteso nel letto e in contemporanea con le mie necessità di decifrare la malattia questo presentava un corredo di segni: una frequente associazione era nausea, diarrea e vomito. Anche cefalea talvolta. Voi capite tutti assieme questi sintomi ed altri ancora; e in quel letto il paziente era senza anima. Forse soffriva ma neanche a guarigione avvenuta godeva. Mai.
Poi per strano destino ho dovuto studiare le droghe e qui e sopravvenuta una stessa ma differente situazione. Il paziente in questo caso aveva un gran gusto a farsi ammalato, nel senso proprio che, per quanto era intuibile e almeno in una certa fase dell’esperienza, la sua malattia gli procurava un qualche misterioso, e non detto, piacere.
Ma questo piacere non veniva descritto neanche nei libri; quindi tutti muti. Muta la malattia perchè nessuno in realtà dice della parte piacevole ma solo degli effetti negativi; muto il paziente che preferisce essere accusato di un generico cattivo comportamento e non di godersela. Muto anche io che alla fine non so contro chi ho a che fare; sapete, subentra come una sorta di vergogna a spulciare intorno al godimento.Non si sa mai, il paziente potrebbe accusarti di mancanza di discrezione e tu forse esserne affascinato. Dall’altro lato dell’ossimoro c’era il dolore; anche questa angosciante voluttà non ci è stata mai descritta. Sapiente dono della natura che ci doveva servire a capire dove il male facesse male, dove era, mai su chi era; e se proprio tanto faceva male allora una maledetta resistenza a somministrare morfina.
Riporto ora quanto mi ha ispirato, da un libro:
I morfinomani di Ernesto Chambard Editrice Unione Tipografica Torino 1894.
Dr. Giuseppe Montefrancesco