Gli editoriali

a cura del prof. Montefrancesco

La marijuana e i nostri figli.

I nostri figli, la marijuana, i loro modi; che fare?

Nella nostra redazione ci capita di frequente di discutere di vari argomenti ma è soprattutto quando incappiamo nella domanda “che fare?“. Questa è una domanda evocata spesso da genitori che si rivolgono a noi per problemi con i figli. I figli che non stanno a sentire, che non vogliono ascoltare, che ignorano i divieti e le raccomandazioni, figli che vogliono fare come pare a loro e che hanno atteggiamenti oppositivi e di rifiuto di ogni argomentazione dettata dal buon senso o dall’affetto. Che fare, se un figlio non rispetta l’orario di rientro a casa la sera? Che fare se un figlio non vuole smettere di farsi di marijuana perché tanto lo fanno tutti? L’ultima occasione per la discussione in redazione ci è stata offerta da due mamme ricorse al nostro servizio perché i figli adolescenti usano marijuana e non vogliono smettere. Che fare?

La questione è di per sè molto complessa da risolvere. Le dinamiche tra genitori e figli sono difficilmente riconducibili a modelli validi per tutti. Alcuni di noi, di formazione umanistica, optano per la possibilità di offrire spunti di riflessione a chi in qualche modo percepisca il rischio di dipendenza, propria o di una persona cara, come un problema personale. Ammesso che non ci sia indifferenza tra genitore e figlio, le strategie psichiche e relazionali non sono sempre finalizzate all’incontro, spesso uno fugge e l’altro insegue. Chi scrive vuole oggi fermarsi a riflettere su una specifica questione educativa tra le molte che il caso in questione può sollevare. Bisogna lasciar andare chi fugge da noi? Spesso si sente dire che ‘i figli non sono nostri’. Se non ce lo diciamo mai forse è perché in qualche modo pensiamo che i figli sono solo nostri; e pensiamo anche che lo Stato delega completamente a noi genitori, e solo a noi, ogni responsabilità su quanto i nostri figli combinano. Così la conflittualità per il rispetto delle regole sembra ridursi a un conflitto tra genitori e figli, come se fuori da questa relazione ci fosse il deserto delle regole e soprattutto come se non ci fossero altri a cui i nostri ragazzi debbano rispondere dei propri atti.

Quando diciamo che i figli, soprattutto se minorenni, non sono nostre esclusive proprietà non vuol dire che non siano di nessuno come cani sciolti. Vuol dire che oltre alle regole dei genitori ci sono anche altre regole per loro, che vanno rispettate o con le quali si devono confrontare. Fin dalla più tenera età i figli vanno educati a questo: non si risponde dei propri atti solo a mamma e papà, ma anche agli insegnanti, e poi ad altri della comunità a cui si appartiene, alla società, allo Stato e in ultimo, per alcuni, a Dio.

Gli adolescenti spesso fuggono all’interno di micro-comunità di loro pari dove praticano esperienze con sostanze illegali e insieme godono della solidarietà del gruppo. Questo contribuisce a dare a loro una relativa sicurezza in un ambiente esterno alla famiglia. Se un figlio vuole navigare il mare delle infinite opportunità bisogna lasciarlo andare anche se può farsi molto male? Bisogna lasciarlo solo a rispondere, di fronte alla società, della violazione delle regole? Bisogna che impari a proprie spese il costo della trasgressione? Bisogna aspettare che lui percepisca e risponda al nostro abbandono, bisogna aspettare che chieda aiuto e ritorni? Forse si. Ma consapevoli, in famiglia, che si tratta di un lasciar andare non dovuto a indifferenza. Forse si tratta di saper guardare la nuca e le spalle di un giovane che prende le distanze dalla famiglia e aspettare il momento in cui eventualmente si volterà a cercarci e solo allora potremo dire ‘Eccomi‘.
La stessa società deve essere in grado di dire ‘Eccomi’, e non solo, diremo anche : ti starò accanto ma tu devi assumerti la responsabilità dei tuoi atti senza pretendere sconti e facilitazioni. I genitori possono informarsi e informare, possono impegnarsi a che lo Stato produca norme adeguate non solo alle consuetudini, ma anche ai saperi scientifici sulle sostanze e i comportamenti a rischio. Addirittura da un divieto si può pervenire a una legalizzazione e comprenderete l’ampiezza del salto culturale ed educativo con cui dovremo o dovremmo avere a che fare! Siamo tutti parzialmente responsabili e parzialmente colpevoli anche i nostri ragazzi.