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dott. Giuseppe Montefrancesco

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I giudizi morali del tossicodipendente. Distinzione tra bene e male

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Da parte del tossicodipendente c’è una peculiare dicotomia nei suoi giudizi morali.
Il tossicodipendente che non si vergogna della propria dipendenza è una vera rarità ed è anche profondamente preoccupato di causare dipendenza a qualcun altro, giurando che “non augurerebbe una cosa simile al suo peggior nemico”.
Ma, curiosamente, quando viene sollevato l’argomento sugli spacciatori che introducono gli adolescenti alla droga o alle prove davvero strazianti sopportate dalle famiglie dei tossicodipendenti, se c’è una quasi totale mancanza di partecipazione verso costoro, il contrario accade al tossicodipendente.
Egli vede, lo spacciatore come il suo benefattore, come chi lenisce la sua angoscia e la grandezza di questo atto (la dimensione ampia, il grande valore di questo atto) gli rende impossibile essere obiettivo sul ruolo del venditore da strada nello schiavizzare gli altri.

Allo stesso modo, l’angoscia del tossicodipendente è per lui l’unica sofferenza significativa:
“Nessun altro può soffrire tanto quanto me, quindi perché dovrei preoccuparmi per loro?”
Né in una conversazione né  durante il trattamento è possibile fare appello morale al tossicodipendente sottolineando le conseguenze per la sua famiglia.
Dal punto di vista del tossicodipendente questo punto cieco (questa situazione cieca, insuperabile) nel suo giudizio morale è del tutto comprensibile; non ci si può aspettare che si scagli contro coloro che gli forniscono costantemente sollievo per la sua sofferenza da astinenza.

Ad eccezione di quest’area, il tossicodipendente mostra grande indignazione nei confronti degli oltraggi commessi (dei mali, delle ingiustizie) nella società ed è incline ad essere, a suo modo, molto ipocrita e moralista.
Non si può fare a meno di osservare che i suoi giudizi morali e la sua ripugnanza per le azioni barbare degli alcolizzati, dei degenerati sessuali, degli assassini ed altri medesimi, sono in non piccola misura una difesa del suo proprio comportamento sociale relativamente (comparativamente) innocuo.

 g.montefrancesco

Fonte

Marie Nyswander, The Drug Addict as a Patient, Grune & Stratton, New York and London, 1956.