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dott. Giuseppe Montefrancesco

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L’oppiofagia. I mangiatori di oppio. PARTE II

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3) Dott. Luigi Lewin, Phantastica, Droghe Stupefacenti ed Eccitanti, Casa Editrice Vallardi, Milano, 1928.

L’oppiofagia che dal tempo in cui si scopri l’azione dell’oppio fu sempre praticata qua e là e si diffuse di mano in mano che diventava più nota la virtù euforica di quella sostanza.
Né  poteva essere altrimenti colà dove tale nozione poteva essere acquistata e ben compresa di chicchessia e si era così indotti da farne la prova, il che costituiva il primo passo sulla strada dell’assuefazione. È restata più di una memoria di quell’uso, sebbene esso abbia cercato di rimanere celato.
Così uno scrittore del secondo secolo, Sesto Empirico ci informa che Liside ha preso senza danno quattro dramme, cioè circa sedici grammi, di succo di papavero.
Tale Liside deve essere stato un oppiofago di forza, poiché altrimenti una tale tolleranza sarebbe stata impossibile.
Nell’epoca dei grandi medici arabi, dal decimo al tredicesimo secolo, codesta mania dell’oppio si diffuse a quasi tutto il mondo allora conosciuto, in occasione delle guerre di conquista dei maomettani nell’Asia Minore. I grandissimi successi, le cure miracolose che Paracelso faceva con l’oppio all’inizio del sedicesimo secolo, hanno certamente provocato più di un caso di oppiomania; o forse è diventato oppiomane lo stesso Paracelso:

Io possiedo un farmaco arcano, l’ho chiamato laudano, esso è superiore ad ogni cosa mortale”.

Da un certo punto in poi la sua vita e la sua condotta danno l’impressione che egli abbia davvero contratto il vizio. Io ritengo che ciò sia molto vicino al vero, avendo visto vari …. Comportarsi come egli si è comportato. Già al tempo suo, circa nell’anno 1546 un naturalista francese, il Belon, che aveva viaggiato l’Asia Minore e l’Egitto, dette informazioni sulla grande diffusione che la passione per l’oppio aveva tra i Turchi.

“Non v’è un turco, che non spenda il suo ultimo soldo per comprarsi dell’oppio che porta seco in tempo di pace ed in tempo di guerra. La ragione per l’uso dell’oppio è che essi sono convinti che diventano così più coraggiosi ed arditi e temono meno i pericoli della guerra. Quando c’è la guerra viene comperata una tale quantità di oppio che non se ne trova più in tutto il paese. Egli ha visto un oppiofago prendere due grammi della sostanza in una volta, e allorché egli gliene diede quattro grammi pesati giusti, quegli li prese pure in una volta, senza che si sia sentito poi male” […].

Anche in Europa per l’importazione dall’Oriente, crebbe il numero degli adepti per l’oppio che, preso forse da principio in qualità di medicina, non lascia poi più libera la sua vittima. Io conosco relazioni di medici tedeschi del XVI, XVII e XVIII secolo, dalle quali risulta che “uomini dediti all’oppio” ne prendevano siano a 40 grammi in un giorno e diventavano poi ottusi di mente e durevolmente sonnolenti. Di alcuni viene detto che hanno preso l’oppio in dosi crescenti per anni e anni. Ad es., una donna nel corso di 14 anni ha presso 63 libbre di laudano liquido, cioè di tintura d’oppio, un’altra durante 19 anni, 4 gr di oppio ogni giorno, e quindi in complesso 27 kg. Un’altra ancora, che aveva incominciato a prenderne per combattere i dolori causati da una lesione accidentale, ne avrebbe introdotti in 34 anni cento kg […].

Più tardi, ad es. nel XVII secolo, vi sono stati medici entusiasti dell’oppio che come il Sydenham, non lo preconizzavano solo come rimedio contro tutti i dolori:
da loro veniva chiamato “la mano di Dio”, “la santa ancora della vita”.

4) A. Simeone, Gli stupefacenti, SEU Roma, 1960.

II mangiar l’oppio è pratica precedente al fumo e da questo notevolmente ridotta nel corso degli ultimi cento anni. Diffuso ancora abbastanza nei paesi di Religione Maomettana, produce effetti simili al fumo; sembra però che se ne possa ricavare una carica sfruttabile ai fini del lavoro manuale.
La fame e la sete si sopportano meglio e, così pure, si sopporterebbero meglio gli sforzi muscolari.

L’oppio viene assunto sotto forma di pillole, mescolato a sostanze dolci o, secondo i casi, afrodisiache ; oppure si scioglie in bevande calde come il tè ed il caffè. Si comincia naturalmente con le piccole dosi e si arriva a quantità che possono superare anche i 5 g.
Alla dose giornaliera di g. 0,2-0,5, l’oppiofagia è sopportata discretamente: persone che praticarono l’usanza, per 40-50 anni, raggiunsero in buone condizioni anche i 90 anni.
L’uso di mangiar l’oppio nonché di fumarlo passò in Europa ed in America verso la fine del secolo scorso; ma per fortuna il fenomeno fu senza conseguenze.
D’altronde, l’oppiofagia è in decadenza negli stessi Paesi di origine: Turchia, Indonesia.

Gli oppiofagi si valutano attualmente in circa 25 milioni di individui di cui il 12 % donne.

g. montefrancesco