Le storie

dott. Giuseppe Montefrancesco

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Storia di una nonna bulimica

Ho sempre pensato che la bulimia fosse una malattia per giovani, per ragazzine in cerca di modelli da emulare… non per donne adulte… poi a me non mancava nulla!
Io mi vergognavo, perché la notte mangiavo e poi vomitavo. Aspettavo che tutti andassero a letto, mi mettevo sul divano e facevo l’uncinetto attendendo la solitudine per riempirmi: mentre cucivo elaboravo nella mia testa quale cibo avrei potuto assalire, perché forse a me qualcosa mancava.
La casa dormiva. Finalmente io e il mio dolore potevamo abbuffarci.
Potevo ingurgitare di tutto, passare dal dolce al salato per poi ritornare al dolce, non masticavo, buttavo giù. La mattina dopo, mi alzavo 10 minuti prima rispetto a mio marito e mio figlio per ripulire la cucina, dovevo levare le tracce.
Mangiavo e vomitavo, mangiavo e vomitavo, mangiavo e vomitavo…
Sono arrivata a vomitare 6-7 volte al giorno, non mi riconoscevo più, mi scoppiavano i capillari intorno agli occhi, prendevo un kg al mese e nel giro di poco sono passata da 88 kg a 115 kg.
In quei momenti ero un ombra che camminava, tutti pensavano che il mio vomito fosse un problema di stomaco, il medico mi disse di evitare cibi acidi. Ma non era quello il mio problema. Poi è sopraggiunta l’ischemia.
Ho fatto anche delle visite dallo psichiatra che ogni volta mi chiedeva” Quanto mangi?” ed io: “Normale!”. Mentivo. Avevo un problema alimentare…mi riempiva di farmaci e il mio sguardo era sempre più vuoto.
Di medici e specialisti ne ho visti tanti, ma fu la dietologa che ad una visita esordì: “Nessuno le ha mai parlato della bulimia?”. Nessun specialista lo aveva fatto fino ad allora. Ma io sapevo cosa fosse o almeno ne avevo un’idea: la bulimia è una malattia da adolescenti.
Come ho fatto ad uscirne? Non lo so, ma ne sono fuori adesso.
Qualcosa si mosse dentro. Sognai la mia nipotina di 8 anni che mi implorava di salvarmi. Mi aggrappai a quel sogno. Non so se sia stato quello, ma lo afferrai con tutta me stessa e lo usai come perno per risollevarmi. La mia piccolina mi scongiurava di smettere “Nonna basta!”. La mattina dopo, quando la bimba è venuta a trovarmi mi ha detto “Nonna stai bene!”. Piansi.
Il sogno era reale. Decisi di smettere e iniziare la psicoterapia. Anche se ero titubante. Ma da qualche parte dovevo iniziare.
Quando dicevo a mio marito che mi sentivo sola, volevo che qualcuno fosse sempre accanto me. Mio marito c’era. Ma non come volevo io. Volevo che mio marito mi regalasse un po’ del suo tempo. Perché mi devo ritrovare sola? Per farmi contenta ci vuole poco…io vorrei essere riempita di coccole, ne vorrei sempre.
Lui mi accompagnava nelle lunghe passeggiate che facevano parte del mio percorso di guarigione. Poi ci ho preso gusto. Camminare mi fa bene, stacco il cervello, parto e vado…mi perdo nel mio mondo ed è bellissimo. Mio marito non sempre viene, le passeggiate sono roba mia. Mi rimane però la mancanza, vorrei da lui più coccole. Ma questo è un altro problema…  e ci lavoreremo…
Intanto ho imparato a tenermi tutto dentro e a non vomitare… il cibo e a tollerare le emozioni…poi ci lavorerò, non oggi, magari domani, quando sento di poterlo fare… Intanto oggi peso 85 kg e non sono più una nonna bulimica.