Le storie

dott. Giuseppe Montefrancesco

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Dott. Giuseppe Montefrancesco

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Il passato ti riacchiappa, sempre.

Durante la mia adolescenza per due anni non ho fatto che lasciarmi coinvolgere negli sballi; oggi posso dire che non sono mai stata dipendente dalle sostanze né fisicamente né psicologicamente.

Ho smesso semplicemente “svoltando” che a quel tempo significò per me mettermi a studiare per l’esame di maturità. Fu lo sguardo sorridente e acuto di ammirazione del compagno più bravo di tutta la scuola mentre parlavo della parabola esistenziale del Carducci, che mi fece sentire che ero fuori dal periodo più buio della mia giovinezza.

Eppure anche dopo trent’ anni il passato ti può riacciuffare, non perchè torni a farti ma perchè l’ombra nera di quel periodo inquieto ti scende nell’anima oscurandola anche dopo una giornata di sole, felice, trascorsa al mare. Ti fuggirò come si fugge il passato o la cattiva coscienza, questo inconsapevolmente mi ripetevo portandomi dentro gli anni bui dell’adolescenza.
Ci sono passati che non passano ma diventano digeribili solo dopo che sei riuscita ad essere onesta con te stessa nel prenderti cura di quel che hai vissuto: bisogna avere il tempo, la voglia e lo stomaco di tornarci su.

Per me l’occasione di risentire in gola il passato è nata dopo l’incontro, un lunedì come tanti, con un ragazzo conosciuto per caso e al quale avevo chiesto come mai si trovasse lì, a lavorare dove io stessa cominciavo una breve collaborazione.
Mi riepilogò brevemente i suoi anni dopo la maturità, la difficoltà di ancorarsi a un progetto che meritasse la sua dedizione, mentre lì sembrava invece averlo trovato.
Ascoltai con mezzo orecchio la sua storia per non essere troppo attenta perchè so che l’attenzione a volte pesa e io potevo essere sua madre. Volevo si sentisse libero, credevo che ci sarebbero stati tanti altri giorni per parlare e conoscerci. Ci salutammo con la promessa che mi avrebbe dato la copia stampata di un articolo che stava traducendo pazientemente. Era gentile, aperto, disponibile, entusiasta.
Il giorno dopo, martedì mattina, non c’era già più. Era come un sogno sognato.
Anche lui mi dissero faceva uso.
Mi ci sono rivista.
Pensando a me e pensando a lui mi sono detta che gli adolescenti, come ero stata io, cercano guai per conoscere se stessi proprio attraverso le strategie che mettono in atto per tirarsene fuori.
La via più facile per trovare i guai per alcuni è il motorino, per altri la droga o entrambi, perchè è sulla strada che ci si mette alla prova.
Il motorino lo puoi chiedere ai genitori, la droga no. Allora c’è sempre qualcuno che ne sa più di te al quale ti affidi e che ti inizia alla cosa, alle sostanze.
Sfidando i guai…

Io ne sono uscita così ma forse solo per caso.
Spero abbia anche lui un po’ di fortuna.

Una che vi legge