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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Come viene fatta la cocaina?

Come viene fatta la cocaina

L’estrazione della cocaina è un processo a più fasi effettuato in una serie di laboratori.
Le prime fasi si svolgono direttamente sul posto.
1.   Immediatamente dopo la raccolta, le foglie di coca sono poste in una fossa poco profonda circondata da plastica pesante ed immerse in una soluzione composta da acqua e basi forti (come la  calce) per tre o quattro giorni; questo consente la formazione di un precipitato. Gli alcaloidi sono basi deboli che precipitano in presenza di una base forte.
2. A questa soluzione viene aggiunto un solvente organico per estrarre gli alcaloidi solubili presenti nel precipitato. Il metil-isobutilchetone (MIBK) è il solvente di elezione per questo scopo, ma molti altri possono essere utilizzati. Negli ultimi anni, l’uso di acetato di etile e acetato di n-propile è diventato sempre più popolare, ma kerosene, benzina, addirittura acetone possono essere utilizzati se altri solventi non sono disponibili.
3. Per dissolvere la complessa miscela di alcaloidi (presente nell’estratto) nella fase acquosa, alla stessa soluzione organica viene aggiunto una soluzione acidulata con acido solforico; si forma solfato di cocaina Se il contenuto di alcaloidi nelle foglie è molto elevato (come in Bolivia), può essere utilizzato l’acido cloridrico invece dell’acido solforico per dissolvere meglio la complessa miscela di alcaloidi. La necessità di dissolvere la complessa miscela di alcaloidi (l’estratto) con soluzioni acidulate è dovuta al fatto che gli estratti sono immersi nel kerosene mentre essi devono “passare” in una fase acquosa immiscibile con la prima.
4. Il solvente organico viene allontanato meccanicamente e la restante soluzione acquosa è resa nuovamente alcalina mediante aggiunta di calce, ammoniaca (o prodotti equivalenti) causando la precipitazione di una maggior quantità di alcaloidi.

L’illustrazione è tratta da 2019 -EU Drug markets report –  (EMCDDA), European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction.

Questa forma rudimentale di cocaina, chiamata pasta di coca, è lasciata asciugare al sole. Il prodotto essiccato (la pasta di coca) è una miscela di: cocaina, cis-e trans-cinnamoilcocaina, tropina tropa-cocaina, igrina, cuscoigrina, ecgonina, benzoilecgonina, metilecgonina, isomero di truxillina. La miscela contiene anche acido benzoico e una serie di cere vegetali solubili.
La pasta di cocaina può essere fumata ed è reperibile soprattutto nei luoghi di produzione e di estrazione; ha una elevata tossicità organica e neurologica perché contiene molte delle sostanze utilizzate nella sua processazione, residui di solventi soprattutto, inalate come prodotti della combustione. Infine la pasta possiede anche una notevole capacità di indurre dipendenza.

A seconda del contenuto di alcaloidi presenti nelle foglie di coca, e a seconda di come le foglie vengono “lavorate”, per produrre 1 kg di coca pasta sono necessari tra i 100 -150 kg di foglie secche. La pasta, quando è pronta, presso i laboratori clandestini di cocaina base, viene purificata: disciolta in acido solforico diluito (per dissolvere tutte le sostanze presenti) e poi aggiunto il permanganato di potassio per distruggere gli isomeri cinnamoil-cocaina presenti come impurità nella pasta, fino a quando la soluzione non diventa rosa-rosso.

Il lavoro del chimico clandestino è di bloccare il processo di ossidazione (di solito con l’aggiunta di ammoniaca o di qualche altra sostanza alcalina), prima che la cocaina inizi ad ossidarsi e il “guadagno” (la resa) si riduca. La soluzione rosa-rosso viene lasciata riposare, poi si filtra. Il filtrato (acido) – perché è ancora presente acido solforico – è reso basico con l’aggiunta di ammoniaca e la cocaina base allora precipita. Il precipitato è filtrato, lavato con acqua, e poi asciugato per un successivo passaggio; esso viene dissolto in un solvente organico (il dietiletere) e si ottiene una soluzione limpida in cui è presente la cocaina base.
Alla soluzione limpida vengono aggiunti acido cloridrico concentrato e acetone, causando la precipitazione di bianchi cristalli di cocaina cloridrato purificata, poi recuperata per filtrazione.

Una volta sul mercato, dalla cocaina cloridrato è possibile preparare 2 altre forme note di cocaina che rendono fumabile la sostanza:
—  la cocaina base o crack
  la cocaina free-base.
Queste sono in realtà entrambe free-base (basi libere) perché non salificate con acido cloridrico, ma sono di differente” purezza”.

La preparazione di cocaina free-base comporta la dissoluzione (il disfacimento) della cocaina cloridrato in una soluzione acquosa alcalina, utilizzando ad esempio l’ammoniaca e quindi l’estrazione della cocaina base con etere o con un altro solvente organico. Dopo aver allontanato per evaporazione a caldo il solvente organico, si ottiene un residuo che è simile alla cocaina crack, ma di maggiore purezza, e che può essere fumato. La procedura di estrazione aumenta la difficoltà e la pericolosità (ad esempio, incendio) del processo di conversione tale che il crack è un modo più comunemente usato per fumare cocaina rispetto alla cocaina free-base.

La cocaina base o crack è costituita da cocaina cloridrato miscelata con una sostanza alcalina, come il bicarbonato di sodio o l’ammoniaca per convertirla in una base e quindi poter essere riscaldata. Ne risultano blocchi di cera o rocce (cristalli) di cocaina crack di minor purezza rispetto alla free-base perché manca il passaggio di estrazione con etere. 1 grammo di cocaina cloridrato è in genere convertita in 0,89 g (circa 900 mg, una resa molto elevata) di base di cocaina base o crack. Dalla cocaina cloridrato, con ulteriori e differenti procedure, si può ottenere la cocaina pura, tipicamente in forma di scaglie (flake cocaine); è detta anche cocaina farmacologica perché corrisponde al procedimento seguito dall’industria. La purezza è sino al 99%. E’ possibile infatti ottenere anche una cocaina completamente sintetica; il processo appare poco conveniente e non è stato mai utilizzato su larga scala.

Fonti: Steven B. Karch, Pathology of drug abuse, Third Edition, pag.13-16.
D. K. Hatsukami and M. W. Fischman, Crack cocaine and Cocaine hydrochloride. Are the differences myth or reality ?, JAMA, 1996, 276, 19, pag.1580-1588

Dott.ssa Paola Massarelli e Dr. Giuseppe Montefrancesco