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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Contro l’HIV cellule geneticamente modificate. Un successo !

Una terapia genica per combattere l’HIV utilizzando cellule geneticamente modificate e rese resistenti al virus è stata dichiarata un successo dagli scienziati che ne hanno curato una prima sperimentazione clinica (Tebas P. et al. 2014). Il CCR5 è il maggiore co-recettore per il virus dell’immunodeficienza umana (HIV), attraverso il quale il virus è in grado di accedere alle cellule ed infettarle.

Gli autori della studio hanno modificato il gene che lo codifica (cellule “ZFN-modificate”) ed hanno verificato se l’infusione di cellule T CD4 autologhe in cui questo gene era stato reso permanente non funzionale (e le cellule, in tal modo, rese resistenti all’infezione) fosse una procedura sicura per i pazienti e, in secondo luogo, se il trattamento avesse comportato una ricostituzione immunitaria e la resistenza all’HIV. Si tratta di un approccio di terapia che riproduce una rara mutazione naturale che rende circa 1% della popolazione resistente ai più comuni ceppi di HIV: per infettare le cellule, infatti, il virus deve riconoscere ed attaccarsi ad un recettore, il CCR5, presente sulla superficie delle cellule bersaglio (cellule immunitarie). I soggetti che presentano una mutazione non hanno il recettore corretto e, di conseguenza, l’HIV non lo riconosce e non può entrare all’interno delle cellule immunitarie.
Ad esempio, nel 2008, un paziente HIV, Timothy Brown, noto anche come il paziente di Berlino, aveva necessitato di un trapianto di midollo osseo per curare la sua leucemia. I medici che lo avevano in cura cercarono di trattarlo per entrambe le condizioni (la leucemia e l’infezione HIV) e riuscirono a trovare un donatore portatore della rara mutazione di CCR5 che rende resistenti al virus HIV. Dopo il trapianto, le cellule staminali ematopoietiche proliferarono e differenziarono in cellule mieloidi e linfoidi, mature e resistenti. Brown non registra più nessun livello di HIV e non prende farmaci anti-HIV: una eradicazione completa dell’infezione (Hàtter G et al. 2009).

In questo caso, i pazienti studiati (12 soggetti cronicamente infetti da HIV in fase aviremica, in terapia con alte dosi di farmaci antiretrovirali) ricevevano una singola dose di cellule T CD4 autologhe ZFN-modificate. Il primo obbiettivo si ritiene sia stato complessivamente raggiunto: il trattamento con cellule autologhe T CD4 viene ritenuto sicuro dagli autori, con i limiti di una ricerca in un numero esiguo di soggetti. Inoltre, il trattamento (che è stato testato per la prima volta su esseri umani) ha mostrato di incrementare le difese dei pazienti contro l’HIV, attraverso la sostituzione di alcune delle loro cellule immunitarie naturali (soggette ad infezione) con la versione geneticamente modificata di queste (resistente all’infezione). Le cellule modificate e resistenti tendevano a moltiplicarsi e per la metà dei pazienti studiati, sono stati rilevati livelli ridotti del virus ed è stato possibile eliminare la classica terapia farmacologia per tre mesi.
Lo studio apparso oggi (6 marzo) sul New England Journal of Medicine, è tuttavia da ritenersi preliminare nei risultati, dato il limitato numero dei pazienti trattati. Gli autori invitano alla cautela e non a trarre conclusioni eccessive da una sperimentazione che è stato progettato fondamentalmente per valutare la sicurezza della terapia, ma i cui primi risultati appaiono assolutamente incoraggianti e suggeriscono speranze di terapie risolutive.

dott. orrico alfredo genetista

P. Tebas et al.. Gene Editing of CCR5 in Autologous CD4 T Cells of Persons Infected with HIV. N. Engl. J. Med. 2014; 370 (10): 901-910.
Hatter G et al. Long-term control of HIV by CCR5 Delta32/Delta32 stem-cell transplantation. N. Engl. J. Med. 2009;360:692-698.