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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Mal di testa, allucinogeni e cannabinoidi

L’emicrania è il disturbo neurologico più comune nelle società sviluppate e in Italia colpisce il 12% della popolazione, quindi 7,2 milioni di italiani vanno incontro nella loro vita a questo disturbo, le donne sono interessate circa 2-4 volte più degli uomini. Questa patologia ha spesso un pesante impatto sulla vita di relazione e sulla attività lavorativa dei pazienti, limitandole severamente. Tra le cause dell’emicrania vi è uno squilibrio nel sistema del neurotrasmettitore serotonina.

Gli effetti dei cannabinoidi sui recettori cerebrali della serotonina rappresentano il razionale per il loro impiego nel trattamento della crisi acuta e nella terapia profilattica. I cannabinoidi stimolano la sintesi di serotonina a livello cerebrale, riducono la liberazione di questa dalle piastrine del sangue dei pazienti e ne modulano l’attività a livello cerebrale in maniera tale da ridurre lo stimolo del vomito, sintomo d’accompagnamento frequente. In particolare appare che l’attività analgesica da parte del THC sia dovuta all’azione sui recettori 5-HT3 della serotonina come anche alla regolazione dei livelli di sostanza P nei gangli basali ed ha un’azione di riduzione dell’attivazione del sistema NMDA/glutammato coinvolto nell’iperalgesia emicranica. Inoltre i principi attivi della cannabis si sono dimostrati validi antiinfiammatori senza peraltro gli effetti gastrolesivi di questi farmaci; infine essi interagiscono con il sistema degli oppioidi ed è stato trovato un circuito cerebrale basato su cannabinoidi che media l’analgesia. Da questi studi emerge un possibile ruolo della cannabis e THC nella profilassi a lungo termine, nel trattamento sintomatico dell’emicrania e nella profilassi dei mal di testa cronici; in effetti fino a prima della proibizione, la cannabis era il farmaco di elezione per l’emicrania (questo rimedio è stato utilizzato per millenni contro l’emicrania) sebbene, come per molti farmaci di origine vegetale, non vi erano studi che ne certificassero con certezza l’efficacia se non la verità clinica  espressa da chi ne aveva fatto uso. La cannabis fu tolta dalle sostanze prescrivibili dalla farmacopea degli Stati Uniti ed europea nel 1941, in seguito alla sua illegalità dichiarata tale nel 1937. Il Journal of American Medical Association (JAMA) sostenne, un anno dopo, che la marijuana fosse più efficace dell’ergotina, il farmaco classico utilizzato per la cefalea. Negli anni cinquanta alcune sostanze psichedeliche sottostavano a controlli specifici in quanto considerate simili agli stupefacenti, ma erano tuttavia ottenibili legalmente come medicinali contro l’emicrania e come sostegno nelle psicoterapie. Con la modifica della Legge federale sugli stupefacenti del 1973, venne sancito un divieto definitivo e da allora gli allucinogeni sono stati considerati sostanze illegali.

La maggior parte degli allucinogeni e dei cannabinoidi non possono essere prescritti dai professionisti, presumibilmente non hanno alcun uso medico accettato e hanno un alto potenziale di abuso. Lo status giuridico e normativo ha inibito la ricerca clinica su queste sostanze in modo tale che non ci sono studi in cieco per valutarne la vera efficacia

Con il termine allucinogeni (dal latino allucinatio, discorso delirante) vengono definite numerose e differenti sostanze psicoattive accumunate da effetti simili; queste sostanze tendono a modificare le percezioni e le interazioni con l’ambiente circostante, alterano anche la percezione del proprio io psicologico e fisico e portando le persone a avvertire, vedere ed ascoltare cose ritenute reali e che tali non sono. La particolarità degli allucinogeni non sta tanto nella loro tossicità ma nella imprevedibilità dei loro effetti, che variano notevolmente in base allo stato d’animo di chi li assume (set), all’ambiente in cui vengono consumati (setting), sia alla qualità (principi attivi e taglio) che alla quantità (dosaggio) delle stesse sostanze. In realtà ciò si può dire accada per tutte le sostanze ad attività psicotropa.
Tale è che i rischi degli allucinogeni sono generalmente legati agli eventi che sopravvengono durante l’esperienza psichedelica: c’è il rischio, ad es., di incorrere in un bad tripa durante il quale si possono riscontrare ansia, disorientamento, panico, paranoia e stati confusionali gravi che possono sfociare in azioni pericolose e talvolta in incidenti mortali.
L’ingestione di funghi allucinogeni può inizialmente determinare disturbi gastrici, nausea, vomito, vertigini, arrossamento cutaneo, aumento della temperatura corporea. L’LSD  – dietilamide dell’acido lisergico – è un potente allucinogeno, inventato nel 1943 da Albert Hofmann, era utilizzato nella terapia psichiatrica prima della sua messa al bando nel corso degli anni sessanta e settanta quando, in relazione allo sviluppo della cultura psichedelica e dei movimenti di contestazione, il suo consumo divenne un fenomeno di massa. I funghi allucinogeni hanno come principio attivo la psilocina da cui deriva la psilocibina (in quantità minori anche DMT).

Sin da tempi antichissimi i funghi magici vengono utilizzati come strumenti rituali a scopo curativo.
I più conosciuti sono: la psilocybe semilanceata (dal cappello conico e appuntito, famiglia delle strophariaceae), la psilocybe cubensis (il messicano o anche detto San Isidro) e il panaeolus cynescens (la hawaianoa), ma se ne conoscono oltre 80 diverse varietà. Gli allucinogeni sono sempre più utilizzati da pazienti con cefalea e per tale potenziale uso, oltre che per gli specifici effetti, sembra rilevante principalmente l’attività agonista sul sistema serotoninergico.

Andrea Troncarelli, studente   Fonte bibliografica McGeeney B. E., Hallucinogens and Cannabinoids for Headache,,Headache (American Headache Society), 2012;52;S2:94-97.