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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Cannabis e cannabinoidi; usi medici. Parte 3a

Quali le prove attuali sull’efficacia della cannabis e cannabinoidi come medicinali

Questa sezione riassume, da una sistematica revisione di studi clinici controllati randomizzati, le prove evidenti sulle proprietà medicinali della cannabis e dei cannabinoidi. Come notato prima (nella parte 1°), le prove di evidenza, se pure stanno rapidamente aumentando, sono attualmente ancora molto limitate e frammentate e questo deve essere considerato con attenzione nella revisione.
Un particolare fragilità nell’interpretazione dei lavori è che spesso sono stati usati prodotti e preparati della cannabis differenti quindi con principi attivi (o ingredienti della cannabis) molto diversi tra loro, ovvero con differenti quantità, con particolare o esclusiva presenza etc etc.
Per facilitare la lettura, il termine “cannabinoidi” è stato utilizzato in questa sezione quando più sostanze (di origine naturale o sintetica) erano in fase di studio.

Le prove da studi clinici controllati, riassunte (nella Tabella 1), suggeriscono che i cannabinoidi alleviano (attenuano, riducono) i sintomi di alcune malattie.
In questi casi, i cannabinoidi sono spesso usati come trattamenti aggiuntivi e ciò che significa che vengono associati ad altri trattamenti medici piuttosto che usati da soli. Inoltre, vengono generalmente utilizzati solo dopo che un paziente non ha risposto ai trattamenti raccomandati per queste condizioni.

Come antiemetici

Studi clinici controllati, in pazienti con nausea e vomito correlato a chemioterapia antitumorale, hanno confrontato l’effetto antiemetico del THC (assunto per via orale) con quelli sia di un placebo o di un altro farmaco. Sistematiche revisioni delle prove cliniche (ad es. NASEM, 2017; Smith et al., 2015; Tramer et al., 2001; Whiting et al., 2015) hanno concluso che il THC e altri cannabinoidi (noti per essere agonisti cannabinoidi che producono effetti simili) erano di maggiori efficacia rispetto al placebo e spesso presentavano livelli di efficacia simile a quelle dei farmaci antiemetici con i quali sono stati confrontati.

Altre recensioni differivano nella valutazione della forza dell’evidenza riguardo l’efficacia di cannabinoidi come antiemetici. Whiting et al. (2015) ha valutato la qualità di queste prove come “bassa” perché la maggior parte degli autori non aveva incluso, nelle loro analisi dei risultati, quei pazienti che avevano interrotto il trattamento.
Anche una recensione di Cochrane (Smith et al., 2015) ha concluso che l’evidenza era debole a causa delle limitazioni nella profettazione dello studio progetti e nell’uso di trattamenti comparativi obsoleti.
Tuttavia, la (NASEM) – National Academies of Sciences, Ingineering and Medicine – riporta come “prove conclusive” quelle che i cannabinoidi orali fossero efficaci nel trattamento della nausea e del vomito indotti dalla chemioterapia (NASEM, 2017).

Questi studi clinici hanno importanti limiti, come notato in tutte le recensioni.
In primo luogo, i più recenti protocolli di chemioterapia per il cancro producono meno nausea e vomito rispetto ai trattamenti utilizzati nelle prove condotte tra il 1975 e il 1991 (Smith et al., 2015).
In secondo luogo, il trattamento con THC e altri cannabinoidi veniva più spesso confrontato con la proclorperazina mentre i nuovi farmaci antiemetici hanno un controllo molto migliore della nausea e del vomito rispetto alla proclorperazina (Institute of Medicine, 1999; Navari, 2009).
Ci sono stati pochissimi studi clinici di confronto, tra gli effetti antiemetici dei cannabinoidi e quelli di questi nuovi farmaci, in pazienti con cancro trattati con gli attuali regimi di chemioterapia, (NASEM, 2017; Navari, 2009). Tali prove sono al contrario necessarie per chiarire il ruolo dei cannabinoidi nella gestione della nausea e del vomito nei malati di cancro.
Esistono inoltre prove molto limitate sul ruolo dei cannabinoidi nel trattamento della nausea e del vomito causati da altre condizioni mediche (NASEM, 2017).

Come stimolanti l’appetito

Negli Stati Uniti, nel 1999, il Marinol (un farmaco che contiene THC sintetico) è stato approvato come stimolante dell’appetito nei pazienti con deperimento (cachessia) correlato all’AIDS. Questa approvazione si basava su pochissimi studi clinici e di piccole dimensioni (Beal et al., 1995; Lutge et al., 2013; Tramer et al., 2001).
Le revisioni sistematiche hanno concluso che questi studi in realtà forniscono deboli prove sull’uso del THC come stimolante dell’appetito perché vi era un notevole rischio di un pregiudizio favorevole (Lutge et al., 2013; NASEM, 2017; Whiting et al., 2015). Attualmente c’è molto meno bisogno di stimolare l’appetito nei pazienti con AIDS perché pochissime persone infettate dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV) sviluppano un deperimento correlato all’AIDS se trattate con farmaci antiretrovirali molto efficaci (NASEM, 2017).
Non ci sono prove sufficienti per valutare il valore del dronabinol nello stimolare l’appetito in persone con altri disturbi, come l’anoressia nervosa e la cachessia tumorale (NASEM, 2017).

Nella sclerosi multipla, per il dolore neuropatico e la spasticità

Studi clinici hanno valutato l’efficacia dei cannabinoidi nel trattamento dello spasmo muscolare e del dolore neuropatico in pazienti con disturbo neurodegenerativo da sclerosi multipla. Il prodotto più spesso testato è stato il nabiximols (Sativex), un estratto standardizzato di cannabis con quantità approssimativamente uguali di THC e CBD erogate attraverso spray orale.
In studi clinici randomizzati, alcuni pazienti dopo nabiximolo (in aggiunta al loro trattamento esistente) riportano una minore spasticità muscolare rispetto ai pazienti cui era stato somministrato un placebo (Collin et al., 2010; Novotna et al., 2011; Wade et al., 2004 ).
Tuttavia, le valutazioni cliniche della spasticità muscolare in questi pazienti pazienti riferiscono solo riduzioni marginali (ad esempio Koppel et al., 2014; NASEM, 2017; Whiting et al., 2015; Zajicek et al., 2003) e le prove di efficacia sono state valutate come “moderate” in termini di qualità. La revisione NASEM ha concluso che i cannabinoidi erano “probabilmente efficaci” nel ridurre la spasticità muscolare riferita dai pazienti, ma hanno descritto i loro effetti clinici come “modesti”

Nel dolore cronico non tumorale

Negli Stati Uniti, uno dei motivi più comunemente indicati dai pazienti che usano la cannabis per scopi medici è il trattamento del dolore cronico non causato da cancro (dolore cronico non canceroso, CNCP) (NASEM, 2017).
Ciò include il dolore neuropatico, il dolore nell’artrite, il mal di schiena, il dolore al collo e alle spalle e la cefalea.
Andreae et al. (2015) hanno riportato una meta-analisi bayesiana (analisi di probabilità da dati provenienti da più studi) da 178 pazienti con vari tipi di dolore neuropatico, in 5 studi randomizzati controllati (RCT), con utilizzo di cannabis a base di erbe inalata, vaporizzata. I pazienti sono stati valutati per un massimo di 2 settimane. Gli autori hanno scoperto che i pazienti che vaporizzavano la cannabis a base di erbe avevano una probabilità tre volte maggiore (odds ratio (OR) = 3.2) di segnalare una riduzione del dolore pari al 30% rispetto a quelli trattati con un placebo

Una revisione di Cochrane ha valutato gli studi che hanno confrontato l’efficacia dei cannabinoidi di diversa provenienza, sintetica o vegetale, rispetto al placebo, nel ridurre il dolore neuropatico cronico negli adulti (Mucke et al., 2018a).
La revisione comprendeva 16 studi con 1750 partecipanti che avevano ricevuto un medicinale cannabinoide (il nabiximolo o il THC e analoghi) o un placebo per 2-26 settimane.
Secondo gli autori, la qualità di questi studi era risultata bassa in 2, moderata in 12 e alta in 2. Lo studio ha osservato che i cannabinoidi aumentavano la percentuale di pazienti, dal 17% al 21%, che ottenevano una riduzione del dolore del 50% rispetto al placebo,
La percentuale che ha ottenuto una riduzione del dolore del 30% era del 39% rispetto al 33%
Infine, le interruzioni del trattamento con cannabinoidi erano maggiori a causa di eventi avversi rispetto al placebo (10% vs. 5%).

Stockings et al. (2018a) hanno riportato una revisione completa di studi clinici controllati e studi osservazionali, confrontando cannabinoidi e placebo, per il trattamento di vari tipi di dolore cronico non canceroso (CNCP).
La revisione includeva 91 pubblicazioni che avevano coinvolto 9958 partecipanti in 47 studi randomizzati (24 studi di gruppi paralleli e 23 studi crossover) e 57 studi osservazionali. Quarantotto studi hanno incluso pazienti con dolore neuropatico (16 in pazienti con sclerosi multipla e 32 in pazienti con dolore neuropatico da altre condizioni).
Sono stati inoltre inclusi 7 studi su pazienti con fibromialgia, 1 studio su pazienti con artrite reumatoide e 48 studi su pazienti con altri tipi di CNCP (13 in pazienti con dolore correlato alla sclerosi multipla, 6 in pazienti con dolore viscerale e 29 in campioni di pazienti con CNCP misto o indefinito).
La percentuale di pazienti con CNCP che avevano ottenuto una riduzione del 30% dell’intensità del dolore, era del 29% per i pazienti trattati con cannabinoidi, rispetto al 26% per quelli che avevano ricevuto un placebo.
Questa differenza era statisticamente significativa. Tuttavia, una maggiore percentuale di pazienti trattati con cannabinoidi ha riportato eventi avversi. Stockings et al ha concluso che le prove dell’efficacia dei cannabinoidi nel trattamento del CNCP erano limitate.
Al pari erano risultate prove limitate quelle relative ai benefici dei cannabinoidi in altre condizioni correlati al dolore, come il sonno.

Nel cancro, per cure palliative

Spesso i media trattano dei potenziali usi medici della cannabis nelle cure palliative per i pazienti con cancro terminale. L’uso medico della cannabis e dei cannabinoidi sono stati sostenuti per la gestione di numerosi di sintomi riportati da pazienti malati di tumore in fase terminale, in modo da controllare il dolore, stimolare l’appetito, ridurre l’ansia e migliorare il sonno.

Mucke et al. (2018b) hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi dell’efficacia, tollerabilità e sicurezza dei cannabinoidi nella medicina palliativa.
Dei 9 studi trovati, con 1561 partecipanti, secondo loro giudizio, tutti, presentavano moderato rischio di parzialità. Non hanno trovato alcun significativo differenze tra cannabinoidi e placebo nel migliorare l’apporto calorico, l’appetito, la nausea o il vomito, il dolore o il sonno in questi pazienti. Essi, inoltre, non hanno trovato evidenza di alta qualità in cui i cannabinoidi fossero di valore per il trattamento dell’anoressia o della cachessia nei pazienti oncologici.
La forza di queste conclusioni era limitata dal piccolo numero di studi di alta qualità e dalle ridotte dimensioni del campione e questo riduce la possibilità di trovare qualche differenza a favore dei cannabinoidi. Sono necessarie trials più grandi e meglio progettati per il reale valutare valore della cannabis e dei cannabinoidi nel trattamento palliativo del cancro.

Nell’epilessia infantile intrattabile

Genitori di bambini con epilessia intrattabile hanno riportato che oli ricchi di (cannabidiolo) CBD riducono la frequenza e la gravità delle crisi convulsive
dei loro bambini (Devinsky et al., 2016; Hussain et al., 2015; Press et al., 2015).
Questi rapporti parentali sono stati supportati da un largo trial in aperto e da un ampio trial – randomizzato controllato (RCT) – di varia provenienza (Devinsky et al., 2016; Devinsky et al., 2017; Dos Santos et al., 2014; Friedman e Devinsky, 2015).
Le iniziali revisioni sistematiche (ad es. Gloss e Vickrey, 2014) concludevano che non era stato possibile trarre conclusioni attendibili sull’efficacia e la sicurezza del CBD.
Una revisione sistematica di studi clinici condotti successivamente (Stockings et al., 2018b) ha scoperto, al contrario, che l’aggiunta di CBD all’antiepilettico convenzionale
riduceva significativamente la frequenza delle crisi nei bambini con sindrome di Dravet o Lennox-Gastaut sindrome.

La revisione ha concluso che erano necessari studi clinici più controllati per specificare le dosi di CBD che potevano produrre, in modo affidabile, gli effetti antiepilettici con un minimo di eventi collaterali e minima interazione con altri antiepilettici farmaci, come, ad es. le benzodiazepine. Sono necessari quindi studi clinico-farmacologici per definire al meglio le dosi di CBD e le sue interazioni con altri farmaci antiepilettici.
Sono al pari necessari studi clinici che valutino l’utilità del CBD nel trattamento di altri tipi di epilessia intrattabile nei bambini e negli adulti (Stockings et al., 2018b).

Altri usi medici dei cannabinoidi

L’uso della cannabis e dei cannabinoidi è stato richiesto, sia da gruppi di pazienti che da alcuni medici, per trattare una varietà di disturbi oltre a quelli sinora descritti.
Questi includono:
— disturbi d’ansia, come il disturbo da stress post-traumatico;
— disturbi depressivi;
— disordini del sonno;
— tipi di dolore cronico non inclusi finora negli studi clinici;
— condizioni neurologiche degenerative;
— malattie infiammatorie intestinali come il morbo di Crohn.

Alcuni pazienti con queste condizioni hanno riportato benefici clinici dall’uso di cannabis o di cannabinoidi.
Per la stragrande maggioranza di queste condizioni mediche, non vi è alcuna evidenza di efficacia proveniente da studi clinici controllati o vi sono limitate evidenze da studi che, peraltro, sono stati giudicati sensibili di parzialità perché hanno usato campioni con un numero piccoli di casi, perché erano scarsamente controllati o non hanno confrontato la cannabis o i cannabinoidi con trattamenti con placebo o farmaci efficaci ed attivi in tali condizioni (NASEM, 2017; Whiting et al., 2015).

Quindi i medici, che trattano questi disturbi, possono essere riluttanti a usare cannabinoidi al di fuori delle indicazioni degli studi clinici e in assenza di prove (Martin et al., 2018). I pazienti usano comunque la cannabis e i cannabinoidi per trattare questi sintomi in quei Paesi in cui hanno la possibilità di farlo.
Ciò evidenzia la necessità di intraprendere solidi studi che coprano l’intera gamma della preparazioni di cannabis utilizzate ed affrontino anche il problema sollevato da alcuni pazienti che segnalano maggiori benefici dall’uso dell’intera pianta che dall’uso di singoli estratti di cannabinoidi, il cosiddetto effetto entourage (Russo, 2011).  (la cannabis fornisce una quantità vastissima di principi attivi e non solo cannabinoidi; è l’insieme delle attività e delle interazioni di tutti questi componenti che probabilmente garantisce il migliore effetto, la migliore azione, ndr)

Tabella 1
Sommario delle evidenze per l’uso medico della cannabis e dei cannabinoidi

Patologie/Sintomi   Nausea e vomito in chemioterapia
Prodotti testati Cannabinoidi
Evidenza Debole
Limiti
Pochi studi hanno testato gli anti- emetici più recenti ed efficaci.
I nuovi regimi chemioterapici producono meno nausea.
Poche prove disponibili sull’uso dei cannabinoidi in altri tipi di nausea.

Patologie/Sintomi Stimolare l’appetito in pazienti deperiti con AIDS
Prodotti testati Dronabinolo/THC
Evidenza Debole
Limiti
Attualmente sono pochi i casi con AIDS da trattare per tale necessità
Scarse evidenze dell’uso in altre condizioni (anoressia et al.,)

Patologie/Sintomi Riduzione della spasticità muscolare nella sclerosi multipla
Prodotti testati Nabiximolo
Evidenza Moderata
Limiti
I pazienti riportano riduzione della spasticità ma la valutazione medica indica un impatto più limitato

Patologie/Sintomi Dolore cronico non canceroso incluso quello neuropatico
Prodotti testati Cannabis e cannabinoidi
Evidenza Moderata
Limiti Piccolo (ma statisticamente significativo) effetto rispetto al placebo

Patologie/Sintomi Cure palliative nel cancro
Prodotti testati Cannabinoidi
Evidenza Insufficiente
Limiti Necessarie ulteriori prove cliniche con più pazienti e miglior
disegno clinico

Patologie/Sintomi Epilessia intrattabile dell’infanzia
Prodotti testati CBD (cannabidiolo)
Evidenza Moderata
Limiti
Evidenze per l’uso, come trattamento aggiuntivo, in pazienti con sindrome di Dravet o Lennox-Gastaut. Ulteriori studi necessitano per osservare il dosaggio, le interazioni e l’uso in pazienti con altre forme di epilessia

Patologie/Sintomi Insonnia, ansia, depressione, disordini neurodegenerativi, malattie infiammatorie dell’intestino
Prodotti testati Cannabis e cannabinoidi
Evidenza Insufficiente
Limiti
In certe condizioni, come i disturbi del sonno, osservate alcune positive risposte ma per brevi periodi; necessitano studi clinici più larghi, ben progettati e un più prolungato follow-up.

La tabella offre una panoramica delle prove attuali per l’uso medico della cannabis e dei cannabinoidi, nonché evidenzia i limiti e le lacune importanti nelle prove.
Ciò sottolinea la necessità di ulteriori studi clinici e di ricerca, compresi studi più ampi e meglio progettati, studi che esaminano il dosaggio e le interazioni tra i medicinali e studi con follow-up a lungo termine delle persone in studio.

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Fonte

EMCDDA
www.emcdda.europa.eupublications

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